di Davide Gatto

1)           Introduzione: la nuova class action

Dopo anni di dibattiti e infruttuosi tentativi di importare nel nostro ordinamento l’istituto angloamericano della class action, con la L. 12 aprile 2019 n. 31, recante “Disposizioni in materia di azione di classe”, è stata operata un’organica riforma dell’istituto dell’azione di classe nell’ordinamento italiano. La riforma ha introdotto nel libro IV del codice di procedura civile il Titolo VIII-bis, rubricato “Dei procedimenti collettivi” e composto da quindici articoli (dall’840 bis all’840-sexdecises) che disciplinano l’azione di classe e l’azione inibitoria collettiva.

L’azione di classe, attraverso la quale sarà possibile tutelare i diritti individuali omogenei, è ora quindi disciplinata dal codice di rito e non più dal codice del consumo. L’entrata in vigore di tale riforma, inizialmente prevista per la primavera del 2020, è stata differita al 19 novembre 2020 dal decreto milleproroghe (art.8, comma 5, del D.L. 31 dicembre 2019 n. 162 convertito con L. 28 febbraio 2020 n. 8) senza una specifica ragione e quando peraltro la più grande pandemia della storia era già alle porte.

Le finalità della riforma sono la tutela dei “diritti individuali omogenei” non solo dei consumatori e utenti ma anche di tutte le vittime di danni causati da un comune fatto costitutivo. Tramite la nuova azione di classe si potrà ottenere l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento al danno e alle restituzioni in favore delle vittime. La legittimazione ad agire in giudizio nei confronti dell’autore della condotta lesiva, al fine di ottenere l’accertamento della responsabilità e la conseguente condanna al risarcimento del danno e/o le restituzioni, spetta ai singoli componenti della classe, che in tal caso rinunciano all’azione individuale; inoltre sono legittimati attivi anche le organizzazioni e le associazioni senza scopo di lucro (che devono essere obbligatoriamente iscritte all’interno di un elenco pubblico istituito presso il Ministero di Giustizia). L’azione potrà essere esperita nei confronti sia di imprese che di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità con riferimento ad atti e/o comportamenti posti in essere nello svolgimento delle proprie attività.

2) Postulati di fondo e cenni storici

La class action (azione di classe o collettiva che dir si voglia), quale istituto processuale che si pone a corollario del sistema di responsabilità civile, trova le sue origini nel sistema processuale anglosassone e, dopo essersi sviluppato nel sistema dell’equity grazie alla possibilità delle azioni rappresentative non ammesse dalle originarie regole di common law che prevedevano la c.d. necessary parties rule, è divenuto strumento processuale privilegiato per i giudizi relativi ai casi di mass torts negli USA, ove l’istituto si è evoluto in maniera significativa e singolare.

A tal riguardo, senza entrate nel dettaglio della disciplina d’oltreoceano e al solo fine di meglio comprendere l’importanza dell’istituto in questione, pare opportuno ricordare le ragioni di fondo che portarono all’ammissibilità e all’evoluzione dell’istituto nell’ordinamento statunitense. Lo strumento della class action nasce come correttivo alle scorrette prassi produttive e commerciali del sistema capitalistico. Infatti, tra il XIX e il XX secolo negli Stati Uniti, con lo svilupparsi dell’urbanizzazione e della società di massa e di conseguenza di sistemi produttivi industriali, si fece strada un sempre più stringente sistema capitalista che imponeva prodotti di scarsa qualità a prezzi sempre più elevati. Al fine di dare una risposta concreta alle storture che si erano venute a creare in tale sistema, da un lato, il legislatore statunitense emanò la Sherman Antitrust Act del 1890 volta a contrastare i grandi monopoli e il loro potere economico; dall’altro, si sviluppò il c.d. fenomeno del consumerismo, ossia la solidale aggregazione di consumatori che, unendosi, si poneva come contraltare alle grandi imprese con l’obiettivo di impedire condotte commerciali scorrette a danno dei consumatori. Ed è in tale contesto storico che fu ritenuta dal Giudice Joseph Story ammissibile la class action, quale eccezione alla necessary parties, e che nel 1842 fu emanata la Federal Equity Rule 48, con la quale furono ammesse le representative suits, sebbene con una serie di limitazioni che furono oggetto di varie  riforme[i] (come quella del 1912 con la Rule 38 che si ammise il vincolo del giudicato anche nei confronti degli assenti, quella del 1966 che modificò la Rule 23 del 1938 introducendo il meccanismo dell’opt-out  al posto di quello dell’opt-in e altre nel 2003 e 2005). È chiaro che in quel contesto, cosi come in quello odierno, la class action rappresenta uno strumento attraverso il quale è possibile ottenere una maggiore dialettica sociale ed un riequilibrio dei rapporti di forza. 

Infatti, l’istituto di matrice angloamericana in voga negli Stati Uniti, oltre ad assolvere un ruolo decisivo in termini di economicità processuale, unitamente ai noti punitive damages in caso di condotte particolarmente gravi, esplica certamente una importante funzione della responsabilità civile: ossia quelle di deterrence. In particolare, i meccanismi connessi alla stessa class action – volti a garantire un concreto ed effettivo accesso alla giustizia e l’efficienza della stessa anche grazie ai sistemi di forte pubblicizzazione dell’azione – hanno evidentemente l’effetto di disincentivare i comportamenti illeciti e dannosi da parte degli operatori economici più forti.

3) Il ritardo dello sbarco in Italia

L’istituto della class action più recentemente è sbarcato anche nei sistemi di civil law europei[ii] seppur con delle significative peculiarità, di cui si dirà infra, che lo distinguono da quello statunitense.

Nel nostro ordinamento lo sbarco è avvenuto per la prima volta appena tredici anni fa e peraltro l’approdo è stato deludente. Infatti, una prima forma di class action è stata normativizzata con la L. 244/2007, che introdussenel codice del consumo, l’art. 140 bis, rubricato “azione collettiva risarcitoria”, che in realtà non entrò mai effettivamente in vigore; difatti, dopo una serie di rinvii per la sua entrata in vigore, l’art. 140 bis venne completamente riformato dalla L. 99/2009; tanto che fu rubricato nuovamente in “azione di classe”. Detta norma peraltro fu oggetto di successive modifiche ad opera della L. 27/2012 che, ai fini dell’esercizio e dell’ammissibilità dell’azione, modificò il requisito dell’identità dei diritti fatti valere con quello dell’omogeneità degli stessi. Tale istituto, riservato ai soli consumatori ed utenti, tuttavia dopo l’entrata in vigore trovò scarsa applicazione in quanto la disciplina dell’azione risultò inadeguata, farraginosa e ostica da un punto di vista procedurale, oltre che in contraddizione con l’obiettivo di garantire l’accesso alla giustizia che difatti è rimasto inapplicato.

Orbene, dopo un tortuoso e agognato percorso volto a emendare le difficoltà nell’applicazione della deludente disciplina introdotta nel codice del consumo, con la L. 31/2019 – sebbene con qualche criticità – è stato introdotto in modo sistemico nel nostro ordinamento l’istituto della class action (questa volta inserito nel codice di rito con contestuale abrogazione del predetto art. 140 bis codice del consumo) ed entrerà in vigore nel prossimo autunno, salvo ulteriori proroghe.

4) I vantaggi della class action

L’utilizzo dello strumento processuale della class action certamente può avere il vantaggio di offrire una maggiore garanzia di accesso alla giustizia, con minor rischio processuale, ed efficienza in termini di economicità processuale[iii], evitando peraltro la moltiplicazione di giudizi aventi ad oggetto i medesimi fatti controversi, con il rischio peraltro di contrasti tra giudicati e di lungaggini processuali che sortirebbero l’effetto di sovraccaricare il già lento sistema della giustizia.

L’evoluzione dell’istituto, invero, trova la sua anima proprio nell’obiettivo di dissuadere condotte illecite da parte di grandi società o comunque gruppi di operatori economici di rilievo che, anche confidando nelle difficoltà di accesso alla giustizia da parte del singolo individuo, perpetrano comportamenti scorretti a danno di una pluralità di consociati. Questi ultimi, infatti, spesso si trovano in una posizione di svantaggio tale da vedersi costretti a dover rinunciare a far valere i propri diritti onde evitare il rischio di dover affrontare costosissime azioni individuali, magari anche nell’incertezza di affidarsi a difensori neppure molto esperti.

La class action, invece,offre la possibilità di accomunare all’interno del medesimo processo soggetti che non sono litisconsorti necessari, dando così vita ad un litisconsorzio facoltativo che consente – quantomeno nell’ambito del processo – un parificazione in termine dei poteri di contrattazione tra i soggetti portatori di diritti individuali omogenei e i potenziali convenuti resistenti (es. grandi imprese), i quali spesso negano il riconoscimento della lesione dei diritti a danno del singolo proprio facendo leva sulla loro maggior forza economica.

Orbene, fermo restando che l’azione di classe novellata dal legislatore lo scorso anno non possa essere paragonata a quella prevista dall’ordinamento statunitense, di cui si dirà in seguito, al tempo stesso non si può negare che la nostrana class action – se correttamente utilizzata – può offrire considerevoli vantaggi per il consociato. Il più rilevante fra tutti, come anticipato, è quello di consentire al portatore di diritti individuali omogenei, ormai inteso non più soltanto con riferimento ai rapporti di consumo, un accesso molto più tutelato alla giustizia. Nello specifico, il legislatore nella riforma pare aver dato una significativa importanza e attenzione: da un lato,  alla  pubblicizzazione dell’azione di classe, volta sia a portare concretamente a conoscenza dei consociati le iniziative intraprese dal ricorrente dando la possibilità agli stessi di aderirvi in diversi momenti del processo e sia a dissuadere i grandi operatori economici da comportamenti illeciti, in quanto una tale forma di pubblicità non può che comportare per essi un danno di immagine; dall’altro, ai meccanismi di verifica volti ad incentivare i cittadini ad avvalersi di soggetti qualificati per rappresentare gli interessi comuni e di professionisti esperti ai quali conferire l’incarico di difendere gli stessi, tenuto anche conto delle conseguenze negative che comporta l’eventuale revoca del potere di rappresentanza in corso d’opera, ossia l’inefficacia dell’adesione.

Inoltre, si pensi che la novella in commento, in parte riprendendo quanto già previsto dal codice del consumo, prevede:

a) una preliminare fase relativa al giudizio sull’ammissibilità dell’azione che, sebbene possa incidere negativamente qualora fosse mal gestita la discrezionalità del giudicante, rappresenta comunque una funzione di garanzia per i singoli compenti della classe al fine di non vedersi coinvolti in azioni strumentalizzate. Peraltro, all’esito di tale fase si ha la possibilità di aderire all’azione, così come sarà possibile anche dopo la sentenza di accoglimento;

b) una maggiore rapidità e semplicità dell’attività istruttoria, stabilendo ai sensi dell’art. 840 quinquies che il Tribunale “omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo più opportuno agli atti di istruzione rilevanti…”: tale previsione ha indubbiamente un rilievo fondamentale nel garantire l’accesso alla giustizia, il quale per converso troppo spesso invece viene negato proprio dal mal funzionamento dagli ingranaggi della macchina della giustizia che si bloccano proprio a causa di un eccessivo formalismo[iv];

c) in caso di CTU, che le anticipazioni del fondo spese siano sempre poste a carico della parte resistente: tale disposizione, sebbene possa essere suscettibile di critiche in termini di rispetto della parità tra le parti processuali, ha evidentemente l’obiettivo ultimo di riequilibrare in termini economici i rapporti di forza tra le parti, gravando di tale onere la parte che in linea generale risulta economicamente più forte e, in ogni caso, lasciando un margine – seppur minimo – di discrezionalità al giudice di porre a carico solidale o della parte ricorrente le anticipazioni in caso di giustificati motivi;

 d) nell’ambito del giudizio di ammissibilità, che il giudice debba verificare che il ricorrente non sia in conflitto di interessi nei confronti del resistente e che lo stesso sia in grado di curare adeguatamente i diritti individuali omogenei, così evitando speculative strumentalizzazioni nell’applicazione dello strumento processuale che deve essere invece utilizzato con cura e diligenza a tutela della collettività. Tuttavia, con riferimento all’ipotesi di verifica del conflitto di interessi, si deve precisare che tale previsione potrebbe rivelarsi pericolosamente limitativa qualora i margini di discrezionalità del giudicante dovessero sconfinare in una più generalizzata valutazione in merito ai possibili conflitti di interesse del ricorrente non solo nei confronti del resistente, ma anche con la proposizione della stessa azione: infatti, considerato che la medesima legge prevede dei meccanismi di maggiorazione del compenso per il rappresentante e i difensori in caso di accoglimento dell’azione, è evidente che per ogni azione proposta si potrebbe astrattamente individuare un conflitto di interessi tra il ricorrente e la proposizione dell’azione[v];

e) nella fase istruttoria, che alla parte che si rifiuta senza giustificato motivo di rispettare l’ordine del giudice di esibizione di prove, ovvero che distrugga le stesse, debba essere applicata una sanzione amministrativa pecuniaria da euro diecimila a euro centomila: tale previsione non può che giocare un ruolo importante al fine di garantire l’accertamento domandato, disincentivando condotte scorrette del resistente.

Tali regole disciplinanti la nuova azione di classe, in linea di massima sono dunque volte a garantire un migliore accesso alla giustizia a coloro che sono portatori di diritti individuali omogenei. Tuttavia non si può sottacere che i suddetti meccanismi possono diventare anche molto pericolosi se mal applicati: in particolare, con rifermento ad es. alla fase del giudizio di ammissibilità dell’azione, laddove si dovessero stringere inopinatamente le maglie del filtro discrezionalmente operato dal giudice, si renderebbe vano ogni sforzo volto ad una maggior tutela collettiva; cosi come è lodevole la potatura degli eccessi di formalismo, ma al tempo stesso potrebbe risultare sacrificante ai fini dell’accertamento qualora dovesse comportare una scarsa istruttoria, peraltro già defalcata in partenza dalla previsione dell’applicazione del rito sommario ex art. 702 bis e non più del rito ordinario.

Deve essere altresì colta con favore la conferma ad opera della L. 31/2019 del requisito dell’omogeneità dei diritti individuali fatti valere in luogo del più stringente requisito dell’identità dei diritti individuali richiesto dalla disciplina del codice del consumo prima delle modifiche del 2012: le quali già all’epoca, con riferimento all’azione di classe riservata ai soli consumatori-utenti, ebbero l’obiettivo di ampliare la platea dei possibili aderenti all’azione di classe sostituendo il requisito dell’identità con quello dell’omogeneità dei diritti fatti valere.

Occorre a questo punto inquadrare cosa si intende per diritti individuali omogenei. Come rilevato dallo stesso legislatore nella proposta[vi] di legge della riforma del 2019: secondo parte della giurisprudenza di merito[vii], formatasi con riguardo all’art. 140 bis del codice del consumo, sono omogenei quei diritti che risultano identici sotto il profilo dell’an debeatur (ivi compreso il nesso di causa tra i fatti costitutivi e il danno subito), non rilevando invece la diversità in punto quantum debeatur. Altra giurisprudenza di merito ha definito omogenei quei “diritti la cui violazione sia il risultato di un unico evento che abbia prodotto danni di natura seriale” [viii] e altra ancora, più recente, ha inteso interpretare il requisito dell’omogeneità come similarità, ritenendo che un singolo comportamento illecito idoneo a violare i diritti di più soggetti (consumatori in quel caso) sia condizione sufficiente ai fini del giudizio di ammissibilità dell’azione[ix]. La giurisprudenza di legittimità inoltre ha affermato che la finalità dell’istituto è quella di tutelare la classe a fronte di “condotte illegittime che esplicano i propri effetti, in maniera analoga, su una pluralità di individui”[x]

Il requisito dell’omogeneità rispetto a quello dell’identità comporta chiaramente che, a differenza di quest’ultimo che richiede una coincidenza piena (identità) dei diritti fatti valere, il primo consente di definire e comporre la classe anche quando non vi sia corrispondenza in merito alle conseguenze derivanti dal comportamento illecito. In altre parole, ciò che assume rilievo ai fini del soddisfacimento del requisito dell’omogeneità è che la lesione dei diritti individuali dei componenti della classe sia determinata dallo stesso fatto costitutivo che ha causato il danno collettivo, inteso come danno-evento, e non rilevando invece la diversità delle conseguenze dannose subite dai singoli individui appartenenti alla classe, intese come danno-conseguenza. In termini processuali vuol dire che le domande risarcitorie dei componenti della classe devono essere coincidenti con riguardo alla ragione del domandare (causa petendi), ma non anche con riferimento al petitutm[xi]. Con riferimento al petitum,peraltro, sotto la vigenza della normativa pre-riforma del 2012 – secondo la quale ai fini della formazione della classe era richiesta una piena identità delle pretese fatte vale – la più illuminata giurisprudenza[xii] di merito ha ritenuto fosse sufficiente una coincidenza, oltre che della causa petendi, del solo petitum immediato (ossia il provvedimento di accertamento e/o la condanna  richiesto), ritenendo invece irrilevante la diversità relativa al bene della vita che il singolo componente volesse ottenere (petitum mediato) e sostenendo che il quantum debeatur ben poteva essere differente tra i componenti della classe non essendo necessaria una liquidazione unitaria.

Da ultimo, si può osservare che un ulteriore vantaggio connesso all’azione di classe può essere quello di consentire, tramite l’applicazione di detto strumento, l’espletamento dalla molteplicità di funzioni insite nell’istituto della responsabilità, che, come riconosciuto anche dalla Suprema Corte, con la sentenza n. 16601/2017[xiii], ha una natura polifunzionale e alla quale pertanto non è preclusa una funzione deterrente – sanzionatoria.

5) Ambito di applicazione della nuova class action italiana: aspetti procedurali

Senza alcun dubbio, la principale novità della riforma operata dalla L. 31/2019 riguarda proprio l’ambito applicativo della neo introdotta azione di classe. Il legislatore, infatti, ponendosi l’obiettivo di disciplinare organicamente la class action nell’ordinamento italiano con la novella in commento, ha certamente trasformato l’istituto in questione in uno strumento di tutela a portata generale e non più circoscritto alle sole ipotesi di tutela del consumatore/utente. Ne consegue che l’azione potrà essere proposta, al fine di domandare l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento o alla restituzione, non più soltanto nei casi di responsabilità del produttore o di pratiche commerciali scorrette, ma anche in tutte quelle ipotesi di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale in cui le conseguenze dannose dell’illecito e/o dell’inadempimento si riverberano su una pluralità di soggetti (si pensi ad es. ai casi in tema di responsabilità: per danno ambientale, i cui effetti negativi si riverberano su intere collettività; per la diffusione di epidemie causate dalla mala gestio degli enti preposti al controllo e contenimento; ai casi di responsabilità su larga scala in ambito medico – sanitario;  per i danni causati da disastri ferroviari – aerei o dal crollo di un ponte). 

La legittimazione attiva a proporre l’azione, che dovrà esser avanzata con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. avanti alla sezione specializzata in materia di impresa del competente Tribunale del luogo ove ha la residenza la parte resistente (e nelle forme del rito camerale con riferimento all’azione inibitoria di cui all’art. 840 sexiesdecies), spetterà al singolo componente della classe nonché alle organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro che prevendono nei loro statuti gli obiettivi di tutela dei diritti individuali omogenei e purché iscritte in un pubblico elenco istituito presso il Ministero della Giustizia. Mentre i legittimati passivi sono stati individuati dalla legge qui commentata all’art. 840 bis nelle seguenti possibili parti resistenti: imprese ovvero enti di gestione di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività. A tal riguardo occorre precisare che al comma 3 del predetto articolo vengono fatte salve “le disposizioni in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di pubblici servizi”, ossia la disciplina della c.d. azione di classe di natura pubblicistica regolata dal d.lgs n. 198/2009 in materia di lesione di interessi giuridicamente rilevanti e diffusi, la cui giurisdizione spetta al giudice amministrativo e non a quello ordinario, come nel caso dell’azione di classe oggetto della riforma del 2019.

Sicuramente rilevante è la novità relativa alla previsione ad opera della L. 31/2019 dei meccanismi di pubblicizzazione dell’azione di classe, riguardanti tutte le fasi del procedimento: ai sensi dell’art. 840 ter il ricorso entro dieci giorni dal deposito del decreto di fissazione dell’udienza, unitamente a quest’ultimo, deve essere pubblicato nell’area pubblica del portale di servizi telematici gestito dal Ministero della Giustizia, cosi come l’ordinanza che decide sull’ammissibilità (entro quindici giorni dalla pronuncia) e ai sensi dell’art. 840 quinquies dovrà altresì essere pubblicata la sentenza che accoglie o rigetta nel merito la domanda entro quindici giorni dalla pubblicazione della stessa. Tale meccanismo gioca un importante ruolo sia ai fini dell’adesione all’azione da parte dei componenti della classe sia con rifermento alla funzione deterrente dell’azione stessa; difatti, a seguito della pubblicizzazione dell’azione la parte resistente, che nella maggior parte dei casi si tratta di imprese produttive, con molta probabilità potrebbe subire delle perdite in termini di immagine e profitto che, in caso di sentenza di accoglimento, si andrebbero ad aggiungere ai costi del risarcimento in caso di condanna; con l’evidente conseguenza che tale circostanza non può che dissuadere dette imprese dal porre in essere condotte dannose e, più concretamente, incentivare le stesse a riconosce i risarcimenti alle potenziali vittime già in fase stragiudiziale. A tal riguardo si osserva che, come è facilmente intuibile in termini di analisi economica, il danneggiante sarà incentivato ad attuare condotte illecite solo se il costo del risarcimento è inferiore o uguale al quello che dovrebbe sostenere per evitare l’evento dannoso, mentre sarà disincentivato solo nel caso in cui i costi da sostenere in caso di condanna finirebbero per essere superiori a quelli necessari per attuare le misure di sicurezza volte ad evitare la produzione di effetti dannosi[xiv].

Altra rilevante novità, con evidente funzione deterrente, è la previsione in caso di soccombenza dei potenziali convenuti di un trattamento premiale a favore di coloro che hanno avuto un ruolo attivo nel promuovere l’azione; infatti, in tal caso, è prevista a carico della parte resistente anche la condanna al pagamento di somme in percentuali ulteriori a quelle ordinarie (ossia quelle già previste per i compensi professionali) in favore dei difensori e rappresentanti comuni, tenendo conto dell’importo complessivo spettante a tutti gli aderenti a seguito della condanna del resistente.

Tra le più importanti novità riguardanti il neo introdotto procedimento e connesse al meccanismo di pubblicizzazione si rilevano:

a) la procedura di adesione alla class action, disciplinata dagli artt. 840 quinquies, sexies, septies e octies e in particolare la possibilità di esperire tale procedura da parte dei portatori di diritti individuali omogenei non solo nel termine (non inferiore a sessanta giorni e non superiore a centocinquanta) fissato con l’ordinanza che ammette l’azione di classe ma anche dopo la sentenza di accoglimento, sempre nel suddetto fissando termine e mediante l’inserimento della propria domanda di adesione nel fascicolo informatico secondo le modalità che verranno individuate  dal Ministero della Giustizia: tale ultima ipotesi di adesione è un’importantissima novità, poiché potrebbe notevolmente ampliare il numero degli aderenti considerato il minor rischio per gli stessi stante il già avvenuto accertamento e accoglimento delle domande avanzate da parte degli altri membri della classe;

b) la procedura di riunione delle class action proposte con rifermento ai medesimi fatti controversi all’azione principale purché avanzate entro sessanta giorni dalla pubblicazione del ricorso principale all’interno dell’area pubblica dei servizi telematici gestiti dal Ministero della Giustizia, salvo la possibilità di proporre l’azione di classe anche dopo la scadenza dei sessanta giorni se la tutela dei relativi diritti non poteva esser fatta valere entro il predetto termine e salvo in ogni caso la possibilità comunque di proporre una azione individuale in caso di decadenza dai suddetti termini: infatti, l’azione individuale si considera rinunciata solo in caso di adesione a quella collettiva;

Inoltre, si segnala che: a) quando l’azione è stata proposta da un ricorrente diverso da un’associazione od organizzazione inserita nell’elenco ministeriale, con la sentenza che accoglie l’azione, il Tribunale provvede sia in merito alle domande di accertamento che in ordine alle domande risarcitorie; b) mentre in caso contrario (ossia quando l’azione è stata proposta da un’associazione od organizzazione), con la sentenza di accoglimento, il Giudicante si pronuncia solo con riguardo all’accertamento della condotta del resistente. In quest’ultimo caso, il Giudice con detta sentenza definisce anche i criteri per l’individuazione dei diritti individuali omogenei lesi, stabilendo la documentazione che deve essere eventualmente prodotta in sede di procedura di adesione ai fini probatori della titolarità di tali diritti, e inoltre dichiara aperta la procedura di adesione nominando all’uopo il giudice delegato che curerà la procedura di adesione. 

Da ultimo, si deve osservare che, come già accaduto in passato, con l’introduzione della più ridotta azione di classe disciplinata dal codice del consumo, anche la novella in commento ha stabilito che l’azione di classe di cui al Titolo VIII bis del codice di rito sarà applicabile alle sole condotte successive alla sua entrata in vigore. Fermo restando l’applicabilità di detta disciplina a tutti i casi in cui vi siano condotte illecite cosiddette permanenti (cioè condotte iniziate prima dell’entrata in vigore e perpetrate anche dopo la vigenza della nuova disciplina); mentre resta dubbia l’applicabilità dell’azione di classe nei casi di illeciti a soli effetti permanenti e cioè la cui condotta si è esaurita in vigenza della precedente normativa ma i cui effetti, come nel caso dei danni lungolatenti, potrebbero manifestarsi successivamente all’entrata in vigore della novellata azione di classe[xv].

6) Limiti della disciplina italiana: breve confronto con il modello opt-out americano

Nell’esaminare le varie novità della novellata disciplina in merito alla class action italiana si è avuto modo di evidenziare come alcune di queste (ad es. la possibilità di esperire la procedura di adesione all’azione di classe anche dopo il deposito della sentenza di accoglimento e tutti meccanismi volti alla pubblicizzazione dell’azione) siano dei forti incentivi a sostegno dell’utilizzo dello strumento processuale, che è stato chiaramente rafforzato dalla riforma. Tuttavia, senza voler entrare nel dettaglio delle molteplici differenti caratteristiche del sistema processuale statunitense e di tutte le peculiarità dell’istituto della class action, occorre rilevare che una delle principali caratteristiche dell’istituto statunitense consista nella vigenza del regime dell’opt-out.Regimesecondo il quale non è necessaria l’adesione all’azione da parte dei singoli appartenenti alla classe, ma tutti coloro che hanno potenzialmente diritto a poter far parte della classe vengo in concreto automaticamente considerati ai fini della pronuncia; salvo la possibilità di esercitare il diritto di uscire (appunto opt-out) dalla classe. Tale sistema chiaramente rappresenta un vantaggio enorme in quanto è sufficiente la sensibilità e la decisione del promotore dell’azione al fine di formare concretamente la classe. A tal riguardo bisogna però precisare che detto regime è compatibile con il sistema americano per una serie di regole caratterizzante il predetto ordinamento, nel quale ad esempio non vige il principio della soccombenza ai fini delle spese processuali.

Per converso nel nostro ordinamento, il legislatore ha scelto un regime di opt-in e, pertanto, ai fini di una effettiva e concreta formazione della classe procedente è necessaria l’espressa adesione da parte di coloro che sono portatori di diritti individuali omogenei. Il rischio connesso a tale procedura è quello che a seguito di un’azione di classe intrapresa da pochi soggetti non vi sia una effettiva aggregazione[xvi] alla stessa (richiedendo una specifica valutazione da parte dei singoli aventi diritto) e di conseguenza di non poter ottenere uno degli effetti tipici della class action, ossia quello di riequilibrio dei poteri di forza tra le parti.

Ciò, di conseguenza, comporta che la nostrana class action risulta limitata in quanto, stante la sua regolamentazione, la stessa per poter esprime le sue potenzialità richiede che una significativa pluralità di soggetti portatori di diritti individuali omogenei debba manifestare (attraverso la procedura di adesione) la propria sensibilità alla controversia e accettare i rischi connessi alla battaglia legale.  

7) Nuove prospettive al netto di qualche criticità

In conclusione, non si può che prendere atto che lo strumento della class action dal prossimo autunno sarà operativo nel nostro ordinamento e che la sua portata è stata notevolmente ampliata, liberandolo dalle strette maglie del codice del consumo. Seppur è vero che l’istituto in commento non è il più pregiato tra i suoi consimili, considerata la sua struttura e soprattutto se raffrontato a quello operante oltreoceano, è altrettanto vero che si tratta di un istituto con grandi potenzialità per la tutela dei danneggianti. Forse, considerato che la riforma estende di molto i confini di operatività dell’azione di classe nel nostro ordinamento, le nuove frontiere da raggiungere potrebbero essere: da una parte, quella di promuovere una importante sensibilizzazione dei danneggiati all’uso del qui commentato strumento processuale, con particolare riferimento a quei danneggiati che sino ad ora sono rimasti vittime, prima, di un comportamento illecito di terzi e, poi, della stessa paura di affrontare in solitudine complesse e costose battaglie legali; dall’altra, quella di promuovere una forte educazione[xvii] al corretto uso dell’istituto e ciò allo scopo di evitare che, a seguito di domande mal proposte e serialmente respinte in sede di ammissibilità, si diffonda un profondo senso di sfiducia verso il nuovo rimedio offerto all’ordinamento: strumento processuale che invece, come si è detto sopra, risulta molto vantaggioso per la tutela di svariati diritti individuali omogenei.  


[i] Per un maggior approfondimento in merito all’evoluzione dell’istituto e per uno studio comparatistico cfr ex mutils G. ALPA, Il Diritto dei consumatori, Bari, 1995; F. SILVIA, A. CAVALIERE, I diritti del consumatore e l’efficienza economica, in La tutela del consumatore tra mercato e regolamentazione, a cura di F. Silvia, Roma, 1996; A. GIUSSANI, Studi sulle class action, Padova, 1996; P. PARDOLESI, Seminari di diritto privato comparato, Bari, 2011;

[ii] In breve qui di seguito le principali ipotesi di class action nei Paesi europei. Ex multis: a) in Germania, sin dal XIX secondo, in caso di danni causati da pratiche di concorrenza sleale, era prevista la possibilità di un’azione collettiva che poteva essere promossa dalle associazione di categoria. Dopo la riforma del 1965, oltre all’azione di classe che può essere proposta dalle associazione dei consumatori con riferimento ai rapporti di consumo e pratiche commerciali scorrete, sono state previste anche azioni collettive in materia di danno ambientale e danni derivanti da pratiche scorrette in materia finanziaria. Nel 2005, infatti, è stata introdotta la Kapitalanleger-Musterverfahren-KapMug: una particolare forma di tutela collettiva con riferimento alle cause in materia di mercati e prodotti finanziari, che consente al singolo che abbia già proposto un’azione individuale, a condizione che vi sia una litispendenza di almeno dieci cause individuali e la sussistenza di questioni di diritto o di fatto comuni, di proporre istanza di c.d. procedimento incidentale modello, rimettendo la decisione sulle questioni comuni alla Corte d’Appello con contestuale sospensione degli altri procedimenti individuali. La decisione della Corte, sebbene resa tra il singolo attore proponente l’istanza modello e il convenuto danneggiante, deve considerarsi tuttavia vincolante per i giudici di tutti i singoli procedimenti individuali collegati, ove saranno decise le singole pretese risarcitorie all’esito della pronuncia della Corte; b) in Olanda invece le organizzazioni rappresentative degli interessi delle vittime hanno anche la possibilità di negoziare con i danneggianti e quindi di raggiungere con questi un accordo, il quale potrà essere esteso all’intera classe tramite l’autorità giudiziaria; c) in Francia, la legittimazione ad agire è riconosciuta a favore delle sole associazioni riconosciute e rappresentative dei consumatori, che devono assumere almeno due mandati e alle quali tuttavia è fatto divieto di pubblicizzare l’azione: peculiarità che, unitamente ad altre, hanno portato ad uno scarso utilizzo dell’azione collettiva prevista dall’ordinamento dei cugini d’oltralpe; d) nei Paesi nordici(Danimarca-Svezia-Norvegia) l’azione di classe invece può essere proposta a tutela dei consumatori sia dal singolo danneggiato che da un’organizzazione in rappresentanza di un gruppo nonché dall’autorità pubblica, con esclusione della Finlandia, ove perseguendo l’obiettivo dell’indipendenza del promotore dell’azione collettiva si è riversata tale legittimazione possibilità esclusivamente ad un soggetto pubblico: il Finnish Consumer Ombudsman; e) sicuramente interessante è l’ipotesi legislativa Spagnola, la quale all’art. 11 della Ley de Enjuiciamiento Civil  prevede che l’azione di classe – sebbene limitata alle sola tutela dei consumatori – possa essere proposta sia da un gruppo di soggetti danneggiati che dalle associazioni, alle quali peraltro è riconosciuta la legittimazione ad agire anche nell’ipotesi in cui non sia possibile individuare i singoli danneggiati interessati purché si tratti di associazioni riconosciute ed espressamente indicate dalla legge; Sul punto per un più diffuso approfondimento cfr. A. GIORGIETTI – V. VALLEFUOCO, Il contenzioso di massa in Italia, in europa e nel mondo, Profili di comparazione in tema di azioni di classe ed azioni di gruppo, Milano, 2008;

[iii] A tal riguardo si tenga conto che l’istituto si attaglia perfettamente anche ai più recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità che tende sempre più all’economicità del processuale su diversi fronti: si pensi alle pronunce in tema di frazionamento del credito, della ragione più liquida, di mutatio libelli, di rilevazione obbligatoria d’ufficio delle nullità negoziali, etc; ciò al fine di garantire un corretto ed efficiente funzionamento del processo e dell’attività della giustizia, che sono “risorsa non illimitata” come affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 26242/2014;    

[iv] A riguardo cfr.  P. G. MONATERI, La riforma italiana della class action tra norme speciali processuali e ricostruzione della tutela civilistica, in Danno e resp., 2019, 3, 313, che argomenta in merito alla formulazione del legislatore così: “meravigliosa… disposizione che dimostra l’importanza attribuita dal potere legislativo alla materia in esame: più la questione è importante più vanno accantonate “le formalità” non essenziali e i giudici possono operare – come i consoli romani in tempi di crisi – nel modo che ritengono più opportuno”;

[v] In merito alla discutibilità del criterio di inammissibilità relativo al conflitti di interesse cfr. G. PONZANELLI, La nuova class action, in Danno e resp., 2019, 3, 306: che rileva come tale previsione “si presta per le sue troppo generali caratteristiche a costituire un freno all’operatività della class action”

[vi] Progetto di legge A.C. 791 scheda n. 14 del 24 luglio 2018 Camera dei Deputati;

[vii] App. Roma, ord. 27 gennaio 2012; Trib. Roma, ord. 20 aprile 2012; App. Torino, ord. 23 settembre 2011, in Foro it, 2011, I, 3424;

[viii] Trib. Milano, ord. 8 novembre 2013;

[ix] Trib. Venezia, ord.12 gennaio 2016:

[x] Cass. Civ, sent. 31 gennaio 2018, n. 2320;

[xi] Sul punto cfr. App. Milano, ord. 1 marzo 2014, in Resp.civ. e prev., 2014, 4, 1281, con nota di F. PORCARI, Sul rapporto tra causa petendi, «omogeneità» dei diritti e criteri di liquidazione del danno nell’azione di classe, 1284;

[xii] Sul punto cfr. App. Torino, ord. 23 settembre 2011, in Foro it, 2011, I, 3424 s; v. anche F. PORCARI, cit., p. 1287 e nota 16;

[xiii] Cfr. Cass., Civ., Sez. Un., 5 luglio 2017, n. 16601, in Danno e resp, 2017, 4, 419; cfr. anche https://www.dannoallapersona.it/la-polifunzionalita-della-responsabilita-civile-le-ss-uu-riconoscono-cittadinanza-ai-danni-punitivi-nellordinamento-italiano/;

[xiv] In tema di analisi economica del diritto le opere di riferimento possono essere: COOTER, MATTEI, MONATERI, PARDOLESI, ULEN, Il mercato delle regole. Analisi economica del diritto civile, Bologna, 1999; P. GALLO, Introduzione al diritto comparato: analisi economica del diritto, Vol. III, Torino, 1998; RECCHIA M., SABBADINI V., I costi sociali degli incidenti stradali, Milano, 1982; e su tutti cfr. G. CALABRESI, Costo degli incidenti e responsabilità civile: analisi economico – giuridica, (a cura di) M. CAPPELLERI – S. RODOTÀ, Milano, 1975,

[xv] Sul punto cfr. R. DONZELLI, L’ambito di applicazione e la legittimazione ad agire, in Class action. Commento sistematico alla legge 12 aprile 2019, n. 31, Quaderni di Judicium, a cura di B. Sassani, 2019, 32-35; 

[xvi] Sul punto cfr. R. PARDOLESI, La classe in azione. Finalmente, in Danno resp., 3/2019, 305, il quale parla di “anemia gattopardesca”  con riferimento ai rischi connessi al regime dell’opt-in

[xvii]  In merito cfr. M. FRANZONI, Azione di classe, profili sostanziali, in Danno e resp., 2019, 3, 311, che termina le proprie riflessioni in merito alla riforma in materia di class action proprio con il dubbio e forse la speranza che la nuova disciplina possa contribuire, quantomeno, a “formare quella cultura necessaria per l’impiego di questo strumento”;

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