
Di Gino M.D. Arnone – Avvocato.
La Corte di Cassazione (sentenza n. 15138/2015) dichiara non obbligatoria la sterilizzazione forzata quale presupposto per ottenere la rettifica degli atti di stato civile delle persone transessuali.
Con una decisione di primaria importanza la prima sezione della Corte di cassazione ha statuito quindi che non è indispensabile l’intervento di adeguamento degli organi riproduttivi.
Il ricorso per Cassazione è stato formulato dagli avvocati di Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI (Avvocati Bilotta e Genova), insieme con l’avvocato Alessadra Gracis, professionista da sempre attenta alla tutela della persona e che negli anni ha più volte testimoniato la funzione sociale che l’avvocatura assume per l’avanzamento e l’adeguamento dei diritti a situazioni alle quali, nel nostro paese, il legislatore spesso non fornisce risposta.
Nel caso di specie, il ricorrente, trans di 45 anni, aveva già ottenuto nel 1999 una sentenza che autorizzava l’intervento di adeguamento degli organi riproduttivi ma aveva di fatto deciso di non sottoporsi a ridetto intervento posto che da 25 anni circa viveva ed era, come lo è ancora, socialmente riconosciuta come donna.
Il primo grado (Tribunale di Piacenza) e il secondo grado (Corte d’appello di Bologna), avevano però respinto la richiesta, validando l’orientamento prevalente che richiedeva il trattamento chirurgico quale conditio sine qua non per la rettifica anagrafica.
La Suprema Corte ha tuttavia sostenuto che: “La percezione di una disforia di genere (secondo la denominazione attuale del D.S.M. V, il manuale statistico diagnostico delle malattie mentali) determina l’esigenza di un percorso soggettivo di riconoscimento di questo primario profilo dell’identità personale né breve né privo d’interventi modificativi delle caratteristiche somatiche ed ormonali originarie. Il profilo diacronico e dinamico ne costituisce una caratteristica ineludibile e la conclusione del processo di ricongiungimento tra ‘soma e psiche’ non può, attualmente, essere stabilito in via predeterminata e generale soltanto mediante il verificarsi della condizione dell’intervento chirurgico”.
Come pure che: “il desiderio di realizzare la coincidenza tra soma e psiche è, anche in mancanza dell’intervento di demolizione chirurgica, il risultato di un’elaborazione sofferta e personale della propria identità di genere realizzata con il sostegno di trattamenti medici e psicologici corrispondenti ai diversi profili di personalità e di condizione individuale. Il momento conclusivo non può che essere profondamente influenzato dalle caratteristiche individuali. Non può in conclusione che essere il frutto di un processo di autodeterminazione verso l’obiettivo del mutamento di sesso, realizzato mediante i trattamenti medici e psicologici necessari, ancorché da sottoporsi a rigoroso controllo giudiziario. La complessità del percorso, in quanto sostenuto da una pluralità di presidi medici (terapie ormonali trattamenti estetici) e psicologici mette ulteriormente in luce l’appartenenza del diritto in questione al nucleo costitutivo dello sviluppo della personalità individuale e sociale, in modo da consentire un adeguato bilanciamento con l’interesse pubblico alla certezza delle relazioni giuridiche che costituisce il limite coerentemente indicato dal nostro ordinamento al suo riconoscimento”.
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