La Cassazione si interroga sulla responsabilità del medico che – nei casi caratterizzati da urgenza, pericolo di vita e imprevedibile evoluzione del quadro clinico del paziente – non abbia espletato esami idonei a indicare vie alternative a quelle che poi in pratica si sono rivelate avere esiti nefasti.

Per la Corte territoriale l’imperizia e negligenza dei medici consisteva infatti nel non aver preventivamente disposto un’angiografia ed una visita oncologica – che avrebbe consentito ipoteticamente un diverso tipo di cure – e nella mancata comunicazione ai genitori della bambina dell’esito della biopsia effettuata e, quindi, nell’omessa richiesta di rinnovazione del consenso alla prosecuzione dell’intervento.

Nello sciogliere il dubbio, il giudice di legittimità, sulla base del fatto che la CTU espletata aveva escluso in concreto che ridetti accertamenti fossero idonei a fornire indicazioni decisive in ordine alla scelta di un diverso, meno invasivo e rischioso metodo di intervenire, ha rilevato come in siffatte ipotesi si rende problematico, se non proprio impossibile, ritenere che la loro omissione possa rappresentare un atto di negligenza o imperizia.

In questo senso si giunge così a sostenere che la responsabilità professionale medica derivante da imperizia e negligenza per non aver, i medici, preventivamente disposto ulteriori accertamenti prima dell’esecuzione di una operazione chirurgica, che avrebbe avuto con alta prevedibilità effetti gravemente invalidanti, non è addebitale ai professionisti se il caso specifico è connotato da palese urgenza e imprevedibile evoluzione delle condizioni della paziente.

Ulteriore specificazione di tale assunto è quello per cui ai medici non potrà essere addebitabile neppure l’omessa richiesta di rinnovazione del consenso alla prosecuzione del detto intervento.

Testo integrale della sentenza 18185 2013

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